L’alber(g)o degli zoccoli
Roma, 16 agosto 2018
Non c’è da stupirsi dell’imbarazzo provato dal nostro John: via delle zoccolette suona quanto meno ambiguo alle orecchie dei romani.
È vero, infatti, che così vengono chiamate a Roma le prostitute, senza possibili fraintendimenti. Ma la ragione di ciò sta proprio nel toponimo di cui ci occupiamo.
Sebbene l’etimologia venga da alcuni considerata incerta, il nome potrebbe infatti derivare dagli zoccoli che calzavano le giovani ospiti dell’orfanatrofio dei SS. Clemente e Crescentino, lì ubicato. E poiché le povere ragazze erano in buona sostanza votate al ‘mestiere più antico del mondo’, date le proprie origini e la quasi certa impossibilità di eludere un destino segnato e irreversibile, il nome della calzatura che indossavano - lo zoccolo appunto - è passato a definire in generale la prostituta o donna di strada.
Ed è un fatto che ragazze come loro non ebbero mai altre possibilità, tranne nel caso in cui venissero aiutate da qualche Confraternita o dal Papa in persona, ricevendo una dote che consentisse loro di accasarsi sposando un brav’uomo.
La via, però, è celebre anche perché qui abitavano, l’uno di fronte all’altro, due mostri sacri della romanità al cinema: Alberto Sordi e Carlo Verdone.
Quest’ultimo, nel libro La casa sopra i portici ha scritto: “Curioso di vedere il faccione del mitico Sordi, nominato e celebrato continuamente, escogitai uno stratagemma per farmelo, finalmente, 'apparire'. Presi a bersagliare la sua finestra - a sei metri di distanza dalla mia - con dei sassetti presi dai vasi dei fiori... Fiducioso che prima o poi avrebbe aperto quelle imposte sempre chiuse. Il risultato fu disastroso, ad apparire non fu lui ma il faccione della sorella Aurelia che con un vocione grido: 'A regazzì, se nun te ne vai te gonfio!'"
Quant’è bella Roma!