Sacconi rossi

La "Veneranda confraternita de' devoti di Gesù Cristo al Calvario e di Maria Santissima Addolorata" nacque per iniziativa di un gruppo di fedeli nel 1760, con la protezione del cardinale Domenico Orsini. Otto anni dopo furono accolti presso la sede di San Bartolomeo all’Isola.

La congregazione ebbe il riconoscimento di papa Pio VI Braschi che nel 1784 le concesse di ricavare al piano seminterrato, sotto l’oratorio, un cimitero per seppellirvi i fratelli defunti.

I membri della confraternita, nello svolgere la loro attività, erano soliti indossare un mantello rosso con cappuccio: da qui derivò il nome popolare di Sacconi Rossi con il quale ancora oggi sono comunemente conosciuti. Sin dal principio si dedicarono al recupero delle salme rinvenute nel Tevere e a dar loro una degna sepoltura. I corpi, una volta recuperati, venivano portati in uno degli ambienti della confraternita e poi immersi in una vasca contenente acqua e calce spenta per essere disinfettati. Dopo la funzione religiosa le ossa scarnificate venivano deposte in maniera decorativa nella cripta del convento che divenne, nel corso del tempo, un imponente cimitero analogo a quello più famoso della cripta dei Cappuccini di via Veneto.

Nell’Ottocento, la confraternita subì un periodo di decadenza e, intorno al 1960, arrivò all’estinzione. A partire dal 1983, però, l’eredità dei Sacconi Rossi è stata raccolta dalla Venerabile Arciconfraternita di Santa Maria dell’Orto, riprendendo l’usanza di commemorare i morti nel Tevere con una cerimonia sulle rive dell’isola Tiberina.