Se i muri potessero parlare
Esiste la Roma che vediamo, tutti i giorni per le vie affollate e nelle piazze soleggiate. Ne esiste un’altra, che definiamo “Roma sparita” e che ci porta con il pensiero alle immagini catturate dagli acquerelli di Ettore Roesler Franz. Ma accanto a queste, ne esiste ancora un’altra che non è più sotto gli occhi di tutti e tuttavia esiste, preservata dal tempo e dall’azione degli uomini, nascosta ai più ma non per questo dimenticata.
Di questa Roma, fatta di pezzi di muro staccati da edifici distrutti, la collezione di Palazzo Braschi è testimonianza e memoria, come nel caso degli affreschi staccati del Casino del Bufalo e conservati al terzo piano del Museo di Roma.
Si tratta di sei monocromi, cioè dipinti in bianco e nero, realizzati nel 1525 da Polidoro da Caravaggio e Maturino da Firenze ad ornamento della facciata sul giardino del fabbricato cinquecentesco allora compreso tra via della Chiavica del Bufalo, la via del Nazareno e le propaggini settentrionali dell’area di Fontana di Trevi, noto appunto come Casino del giardino del Bufalo dal nome della famiglia che lo possedette per almeno tre secoli e che, in prossimità di quella stessa area, aveva anche il palazzo nobiliare tuttora esistente e sede del collegio Nazareno. Gli affreschi raccontano le Storie di Perseo e Andromeda, secondo la tradizione letteraria delle Metamorfosi di Ovidio, e rappresentano un magnifico esempio del gusto rinascimentale dei due artisti e del loro raffinato classicismo di matrice raffaellesca.
Staccati nel 1885 a seguito dell’allargamento della attuale via del Tritone, che portò alla distruzione del Casino, sono uno degli highlights della collezione del Museo di Roma.